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Colpire i simboli per avere il silenzio (di don Bruno Fasani)

Colpire i simboli per avere il silenzio

(di Bruno Fasani)

 

 

 

 

 

Non giriamoci tanto intorno con le chiacchiere, cari lettori. Dietro al rifiuto dei simboli religiosi non si nasconde il rispetto per le altre religioni, come vorrebbero farci credere. Balle! È solo la voglia di mettere la mordacchia ai cattolici, renderli innocui perché la loro voce non incida sulla coscienza dei cittadini. È laicismo scadente, quanto virulento. Le Iene, metà giornalisti e metà intrattenitori da avanspettacolo, hanno detto che in "in Italia, un Paese ancora intriso di cultura cattolica, bisogna procedere a piccoli passi" per emanciparsi culturalmente. Perfetto. In questa affermazione c’è tutto, diagnosi, prognosi, strategia e tattica.

 

In Olanda dal 2007 non sarà più possibile scrivere Cristo, l’Unto di Dio, il consacrato, con la "c" maiuscola. Declassato da nome proprio ad aggettivo qualificativo, magari lo useranno per indicare le macchie sulla camicia. in Inghilterra minacciano di licenziare una dipendente della British Airways perché ha una piccola croce al collo, appesa ad una catenina. Poveretti, vanno capiti. Tra attentati, tè al polonio e serial killer, anche Gesù ormai fa paura. In uno Stato americano hanno impedito l’affissione pubblicitaria del film Nativity, perché offenderebbe le religioni non cristiane.

 

Qui da noi, se la prendono con il Papa e le gerarchie cattoliche. Fanno loro il verso come scimmie ammaestrate e poi, visto che siamo la patria del presepio, se la prendono anche con quattro statuine, come se dal loro linguaggio evocativo potesse venire il turbamento delle coscienze… Come se non bastasse, tirano giù i crocifissi dai muri, portano a scuola le zucche di Halloween, bestemmiano in diretta, in televisione o come insegna Radio Radicale. Si attaccano i simboli, ma l’obiettivo è ideologico: far fuori la cultura cristiana per dare il via alla danza del vuoto etico.

 

Giorgio Gaber, in una canzone di qualche anno fa, cantava che "libertà è partecipazione". Giusto verrebbe da dire, se non fosse che queste parole sono vecchie come il cucco. Libertà oggi risponde ad altri imperativi. In particolare al principio del fai-quello-che-ti-pare. Programma possibile solo ad una condizione: ridurre al silenzio chi non è funzionale al gioco. Un gioco che ha in pentola tanta di quella carne da sfamare il Burundi: eutanasia, testamento biologico, contraccezione, Pacs, coppie gay, libera pornografia... Te la cantano e te la suonano dalla mattina alla sera, tengono banco sui giornali e in Tv, vanno in cerca di malati terminali per muovere le corde dell’emozione... Fanno sistema come un esercito di Crociati all’attacco dei musulmani. È una battuta, ma state tranquilli, perché quelli sono gli unici rispettati.

 

E qui casca l’asino, come si diceva una volta, perché il laicismo nostrano è come Giano, una binità, con pretese di aspirare al passo successivo, quello di un’onnipotenza trinitaria, sempre pronto a mostrare due facce, una contro i cattolici, l’altra ammiccante alle religioni non cristiane. E così finisce che si spara contro la chiesa per obbligarla al silenzio sul versante etico, mentre sul piano culturale, lo Stato sembra calar le braghe su tutto il resto. Teniamo duro, cari cattolici, e senza inutili complessi. Ognuno muore della propria malattia.

 

Per gentile concessione dellautore.

Tratto da Verona Fedele di Domenica 17 dicembre 2006-12-20

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