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E se a pagarla fosse proprio il matrimonio?

Con l'entrata in vigore della Legge 15 luglio 2009 n.94 (cd pacchetto sicurezza) è stata apportata una piccola, ma significativa, modifica all'art. 116 del codice civile che disciplina il matrimonio dello straniero in Italia.

 

La nuova legge stabilisce che lo straniero, oltre ad un nulla osta del Paese di origine che attesta l'assenza di impedimenti al matrimonio, deve esibire anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. Di qui il divieto di contrarre matrimonio per tutti coloro che risultano privi di permesso di soggiorno.

 

Appare evidente la ratio di tale disposizione che, almeno nelle più probabili intenzioni del legislatore, è stata introdotta come ulteriore strumento di contrasto all'immigrazione clandestina e alla celebrazione di matrimoni di comodo.

 

Dopo una prima e, probabilmente, superficiale lettura della norma ho ritenuto opportuno approfondire la reale portata della stessa cercando di spogliarmi il più possibile di una visione politica (di destra o di sinistra) e di rimanere ancorato ad una disamina strettamente giuridica.

Di fatto la norma si rivolge ad un numero indefinito persone, finendo anche per vietare il matrimonio a qualsiasi cittadino/a che voglia sposarsi con uno straniero/a non regolarmente soggiornante in Italia.

 

E' evidente che la legge pone a proprio fondamento una equazione - matrimonio con irregolare = matrimonio simulato - che viene effettuata senza alcun tipo di verifica del caso concreto, attraverso una presunzione che, invece di essere ogni volta dimostrata, viene assunta ex ante.

A ben vedere tale nuova normativa sembra configgere con alcuni principi fondamentali del nostro sistema giuridico: l'art. 2 della costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, la Convenzione europea sui diritti dell'uomo (art. 12) prevede il diritto al matrimonio, la nostra costituzione (art. 29) riconosce i diritti della famiglia fondata sul matrimonio, allo stesso modo il principio di uguaglianza previsto all'art. 3 della costituzione, pacificamente riconosciuto anche per gli stranieri in materia di diritti fondamentali, appare in tal modo violato.

 

Con la dovuta precisazione che la Corte Costituzionale ha già chiarito che la titolarità dei diritti fondamentali va riferita anche agli stranieri presenti sul territorio nazionale indipendentemente dalla titolarità o meno di un permesso di soggiorno.

 

In un Paese come il nostro in cui il matrimonio ha sempre goduto di un forte riconoscimento giuridico, al punto tale da includerlo tra i diritti inviolabili dell'uomo, la nuova modifica all'art. 116 del codice civile appare sin troppo penalizzante.

 

Non dimentichiamo che è stato concesso di contrarre matrimonio a noti terroristi anche dopo la pronuncia di condanne all'ergastolo per molteplici ed efferati omicidi, così come non è precluso il diritto di sposarsi a persone condannate per reati di mafia, e via dicendo. Non sempre il matrimonio di un cittadino straniero non regolarmente presente sul territorio nazionale può essere legato all'assunto di essere in realtà simulato e che l'unico obiettivo è quello di avviare la strada di una regolarizzazione.

 

E il matrimonio tra due clandestini come può dirsi volto al solo fine di una regolarizzazione? O quello (vero nelle intenzioni) tra un cittadino/a italiano con uno straniero che non può diversamente regolarizzare la propria posizione o non può rientrare al proprio Paese di origine per ivi celebrare il matrimonio?

 

E' evidente che per combattere i matrimoni i comodo, senza colpire indistintamente nel mucchio, si rende necessario procedere ad una valutazione caso per caso della situazione ed in questo senso opera, già dall'anno 2002, l'art. 30 comma 1 bis del T.U. sull'Immigrazione che prevede la revoca immediata del permesso di soggiorno qualora sia accertato che al matrimonio tra straniero/a e cittadino/a italiano non sia seguita effettiva convivenza.

 

Considerato che, con ogni probabilità, gli stranieri non regolarmente presenti cui ora viene impedito a priori di contrarre matrimonio continueranno (magari nella veste di semplici conviventi more uxorio) a permanere in Italia, il rischio potrebbe essere che la nuova  normativa, anche se per volontà indiretta, apra la strada a futuri divieti di costituire famiglie fondate sul matrimonio.

 

Avv. Alberto Pracucci

Afi Forlì Cesena

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