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IL REDDITO DI INCLUSIONE SOCIALE

L'Italia assieme alla Grecia è l'unico paese dell'Unione Europea che non ha una misura universale di sostegno per le persone in condizioni di povertà.

 

In Italia secondo Eurostat le risorse destinate al contrasto all'esclusione sociale sono molto modeste (pari allo 0,07% del PIL nel 2009) e comunque di gran lunga inferiori a quelle destinate dagli altri paesi dell'UE (0,87% Danimarca, 0,56% Francia, Media UE 0,47%).

Queste considerazioni, unite al peggioramento della situazione sociale complessiva a seguito della crisi economica e della conseguente perdita del lavoro per un numero altissimo di italiani, fanno ritenere oramai necessaria la sua introduzione anche in Italia.

Attualmente sono stati presentati tre disegni di legge a riguardo e, a fronte della discussione nella competente commissione al Senato, una proposta arriverà a breve in aula. Tali proposte sono presentate dal Movimento 5 Stelle (Reddito di cittadinanza, Salario minimo orario - SMO) e da SEL (Reddito minimo garantito) ed esiste una proposta di Caritas, ACLI ed altri (Reddito di inclusione sociale - REIS). Non esamineremo le tre proposte, ma sottolineiamo i principi fondamentali su cui auspichiamo che il Parlamento si esprima.

 

Per semplificazione chiameremo questo strumento "Reddito di Inclusione (RI)".

A nostro avviso il RI non può essere inteso come un diritto incondizionato, esso deve essere finalizzato al superamento della situazione di povertà e all'inclusione sociale, quindi:

- deve essere una misura limitata nel tempo;

- va accompagnato da un patto virtuoso, non deve ridursi a sole misure economiche.

Questa misura è rivolta a tutte le famiglie che si trovano in condizioni di povertà assoluta, cioè hanno un reddito basso. Le azioni messe in atto devono andare a beneficio dell'intero nucleo familiare cui appartiene il soggetto percettore, per il potenziamento delle capacità dell'intero nucleo.

Il reddito da considerare è dato dalla somma delle entrate dei membri del nucleo familiare. Tra queste entrate non possono essere inserite eventuali erogazioni monetarie finalizzate a superare le disuguaglianze, come ad es. le indennità di disabilità, che appunto (come dice il nome) non sono un reddito, ma una misura di equità.

Il RI terrà conto dei componenti e delle necessità specifiche (es.: persone anziane, disabili...) del nucleo familiare, pertanto il valore ottenuto dovrà essere corretto secondo una adeguata scala di equivalenza in modo da inserire questi elementi.

La povertà materiale oggi in Italia è fortemente legata ai carichi familiari (numero di figli, persone con disabilità, situazioni familiari particolari...), pertanto un RI ben progettato dovrà portare beneficio innanzitutto a questi soggetti.

Il RI è bene che sia gestito nella forma più decentrata possibile, infatti richiede una vicinanza e un affiancamento alle famiglie in difficoltà che non si sposa con un modello centralistico. Viceversa occorre che le risorse finanziarie vengano individuate a livello statale, per evitare che i cittadini che risiedono in comuni con poche entrate o in dissesto finanziario non abbiano accesso a questo strumento.

I Servizi sociali del Comune o, in alternativa, dei soggetti del privato sociale presenti sul territorio, svolgeranno l'attività di presa in carico del nucleo famigliare, orientamento, formazione e accompagnamento delle persone occupabili, valutazione delle loro competenze, stesura dei progetti personalizzati per l'inclusione sociale ed erogazione del contributo.

Lo Stato e le Regioni dovranno anche vigilare sulle corrette modalità di individuazione dei soggetti ammessi e di erogazione dei contributi.

L'introduzione del RI non deve essere motivo di giustificazione per rimandare o annullare l'adozione di misure di redistribuzione del reddito a favore delle famiglie, come il Fattore Famiglia. Il RI infatti è una misura di contrasto alla povertà; il Fattore famiglia viceversa è una misura di riconoscimento e di valorizzazione della famiglia volta ad attuare il dettato costituzionale in materia fiscale e, localmente, tariffario di accesso ai servizi.

Non è sufficiente fornire erogazioni monetarie, occorre anche potenziare le abilità delle persone e le loro relazioni. Pertanto il RI deve comprendere anche un insieme di misure di inclusione sociale, come l'attivazione di percorsi di ricerca occupazionale, di percorsi formativi, proposte lavorative... per tutte le persone del nucleo famigliare abili al lavoro.

Condizione per l'erogazione del RI è l'accettazione e l'effettivo accesso al percorso di reinserimento.

L'introduzione del RI andrà a sostituire una serie di interventi attualmente esistenti a favore di persone disagiate (pensioni sociali, social card, sconti sulle tariffe gas ed elettricità, buoni per i libri scolastici...).

 

Roberto Bolzonaro - Afi Monselice

 

 

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